a cosa nostraalla mafiadel 1986
Il Maxiprocesso rappresenta il culmine del lavoro di Giovanni Falcone e del pool antimafia di Palermo, segnando uno spartiacque storico nella lotta contro le cosche mafiose. Per la prima volta nella storia giudiziaria italiana, in un’aula di tribunale viene portato alla sbarra il vertice di Cosa nostra, affiancato da decine di estortori e uomini d’onore.
Le fondamenta del processo si basano sulle preziose rivelazioni dei collaboratori di giustizia Tommaso Buscetta e Salvatore Contorno, unite alle meticolose indagini condotte dal pool antimafia. Questo lavoro senza precedenti ha permesso di ricostruire nel dettaglio l’organigramma mafioso, svelare traffici illeciti e individuare i mandanti e gli esecutori di ben 120 omicidi.
Dopo 349 udienze, la corte si ritira in camera di consiglio per 35 giorni, al termine dei quali emette una sentenza epocale: 346 condanne e 114 assoluzioni. Tra le pene inflitte spiccano 19 ergastoli e un totale di 2265 anni di carcere comminati a capimafia, “colonnelli”, gregari e picciotti.
La sentenza sancisce definitivamente la tesi di Giovanni Falcone: Cosa nostra non è un insieme di bande isolate, ma un’organizzazione unitaria e verticistica, con una struttura gerarchica ben definita. Un verdetto che ha cambiato per sempre il corso della lotta alla mafia.
L'aula bunker
Data la portata del Maxiprocesso – con oltre 400 imputati, 200 avvocati e 600 giornalisti accreditati – si rese necessaria la costruzione di uno spazio idoneo per ospitare un evento di tale complessità. In soli sette mesi, accanto al carcere Ucciardone di Palermo, fu realizzata una monumentale aula bunker, progettata per garantire la massima sicurezza nel trasferimento e nella gestione dei detenuti. I giornalisti la soprannominarono “l’astronave verde“.
L’aula, dalla caratteristica forma ottagonale, era dotata di 30 gabbie per i detenuti e sistemi di protezione all’avanguardia, concepiti per resistere persino a eventuali attacchi missilistici. La costruzione, realizzata a ritmi serrati senza sosta, nemmeno nei giorni festivi, ebbe un costo complessivo di 36 miliardi di lire.
7 I mesi impiegati per costruire l’aula bunker in cui venne celebrato il maxiprocesso
638 I giorni della durata del dibattimento di primo grado
475 Gli imputati iniziali
460 Gli imputati dopo lo stralcio di alcune posizioni
600 I giornalisti accreditati
200 Gli avvocati difensori
349 Le udienze celebrate davanti alla corte d’assise di Palermo
1314 Gli interrogatori condotti
635 Le arringhe difensive pronunciate
35 I giorni della camera di consiglio
346 I condannati
114 Gli assolti
19 Gli ergastoli inflitti
2265 Gli anni di carcere comminati
Il rapporto dei 162
All’origine del Maxiprocesso vi fu il rapporto dei 162, un meticoloso lavoro investigativo che rappresenta l’embrione di quella che sarebbe divenuta la più importante operazione giudiziaria contro la mafia.
Il rapporto, redatto dal vicequestore Ninni Cassarà, assassinato brutalmente da Cosa nostra il 6 agosto 1985 sotto gli occhi della moglie, insieme all’agente Roberto Antiochia, tracciava per la prima volta un organigramma completo della struttura mafiosa. Consegnato in Procura il 13 luglio 1982, il documento nasceva dall’intuizione che per combattere efficacemente la mafia fosse indispensabile comprendere appieno la sua complessa organizzazione. Il rapporto portò alla denuncia di 162 affiliati tra boss e gregari, tra cui il potente Michele Greco, noto come “il papa”.
L’indagine di Cassarà, frutto del coraggio e dell’intuito di un piccolo gruppo di investigatori costretti a lavorare con risorse limitate e a rischio della vita, gettò le basi per il futuro processo. I suoi risultati furono ulteriormente confermati dalle rivelazioni del collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta, che fornì ai magistrati elementi chiave per incriminare i clan e consolidare le accuse.